mercoledì 16 febbraio 2011

Vita dell'imperatore Carlo - parte III

Era un soldato, ma non un sostenitore della guerra. Come soldato faceva il suo dovere da soldato. Ma quando si trovò sul trono, fece di tutto per raggiungere la pace. Non era stato lui a iniziare la guerra, però si impegnò con tutte le sue forze per fermarla. Su questo non ci sono dubbi e sono innumerevoli le testimonianze che lo documentano. In uno dei suoi primi discorsi da Imperatore disse: “Grandi compiti stanno davanti a noi. Il compito principale, che deve aver presente colui che è responsabile delle sorti della monarchia è di avviare il più presto possibile una buona pace”.
Durante la guerra era generale comandante di corpo d'armata. Il suo posto preferito era la prima linea da dove né i pezzi d'artiglieria che gli piovevano accanto, né i bombardamenti aerei nemici lo fecero mai indietreggiare. Era temprato ad ogni fatica, dormiva su un ruvido letto da campo insieme alla truppa. Anche se era successore al trono imperiale, non voleva mai niente di speciale per sé. Quando c’erano dei feriti, si inginocchiava accanto a loro e li medicava. Se qualcuno moriva tra le sue braccia, piangeva senza vergognarsi. Una volta, per salvare la vita di un soldato ferito, si gettò nelle acque gelide dell’Isonzo in piena rischiando egli stesso di venire travolto. Divenuto Imperatore, continuò a comportarsi come aveva sempre fatto, visitando le truppe al fronte, sfidando i bombardamenti nemici, fermandosi a parlare con i soldati, inginocchiandosi accanto ai feriti.
Per raggiungere questo scopo, mise subito in atto varie iniziative che da molti vennero ritenute temerarie. Esonerò l'arciduca Federico dalla sua carica di comandante in capo dell'esercito perchè riteneva che non fosse un uomo di pace; trasferì la sede del comando supremo da Teschen a Baden presso Vienna, per poter essere sempre presente alle riunioni; allontanò i fanatici della guerra dai posti di comando, alcuni li destituì; si oppose all’uso di gas letali. contro il nemico, già usati dai tedeschi; rifiutò il ricorso ai sottomarini per colpire le città nemiche che si affacciavano sull'Adriatico, ed in primo luogo Venezia: per lui la popolazione civile era assolutamente intoccabile. Per sostenere queste sue iniziative, si urtò con gli alleati che lo accusarono di essere un debole e un vile. I suoi tentativi di fermare la guerra furono definiti “un tradimento nei confronti dell'alleato tedesco”.
Durante la guerra, non si preoccupava solo dei soldati, ma anche della popolazione. In tutto l’impero erano drammatiche le difficoltà di approvvigionamento di generi di prima necessità, vettovaglie e perfino il carbone per riscaldarsi. Tutti i cittadini dovevano affrontare la dura realtà dell'economia di guerra e lo faceva anche l’imperatore. Visse con la sua famiglia adottando le razioni di cibo stabilite per la popolazione. Organizzò cucine di guerra per dar da mangiare a chi non ne aveva. Impiegò i cavalli di corte per l'approvvigionamento di carbone dei viennesi. Lottò contro usura e corruzione, regalò ed elargì più di quanto permettessero i suoi mezzi. Al Comando supremo a
Baden rifiutava il pane bianco che veniva passato, e sotto gli occhi degli ufficiali profondamente confusi, mangiava il pane di guerra nero.